Dal 24 al 29 ottobre 2025 il Teatro dell’Opera di Roma riporta in scena Marco Spada, nella ricostruzione firmata da Pierre Lacotte, chiudendo così la stagione di balletto 2024/25. Il titolo, raramente rappresentato, è un omaggio al grande coreografo francese scomparso nel 2023, a poco più di due anni dalla sua morte. Grazie all’opportunità preziosamente offertaci dal Collegio, è stato per noi possibile assistere e immergerci in un vortice di sensazioni e impressioni senza tempo.
Anche solo avvicinandoci all’imponente facciata del teatro, abbiamo avvertito un brivido d’emozione. All’entrata, il profumo di antiquariato e l’eco delle conversazioni creavano un senso di anticipazione. La hall, decorata con sontuosità e ornamenti, sembrava sussurrare storie di artisti famosi e di serate indimenticabili. Le scale maestose ci hanno condotto alla sala principale, i cui lampadari scintillanti illuminavano il silenzio carico di attesa del pubblico, pronto a lasciarsi trasportare dalla bellezza della danza.
La storia ruota intorno alla figura del conte Federici. Egli – pur essendo fidanzato promesso alla marchesa Sampietri, nipote del governatore di Roma – ama Angela senza sapere che lei è la figlia del bandito Marco Spada. A sua volta la marchesina è amata da Pepinelli, capitano dei dragoni. Al termine di un combattimento fra i dragoni e i banditi, il morente Marco Spada dichiara che Angela non è sua figlia. A questo punto non vi è più alcun ostacolo al matrimonio con il conte Federici e Pepinelli può sposare la sua amata marchesa.
I sentimenti sono eterni e tale è la capacità creativa dell’uomo di colpire le coscienze, scuotere le emozioni e raggiungere le istanze segrete dell’anima, nonostante l’avvicendarsi delle generazioni. L’amore, vivo nel suo contrasto, come lotta interiore infuocata, esplode in un energico tripudio di passi leggeri di danza e sguardi dolci, con il ritmo profondo di una meravigliosa orchestra segnato solo dall’aggraziato ticchettio delle punte.
La dualità intrinseca della società rappresentata, in un confronto puntuale e vivido tra legalità e brigantaggio, è specchio di un continuo flusso tra forze del bene e del male, mentre il lieto fine corona l’auspicio di un definitivo prevalere del primo.
Quando la serata è giunta al termine e il sipario si è chiuso, abbiamo avvertito una dolce malinconia, un desiderio di rivivere quell’istante.
Uscendo dal teatro, Roma era avvolta da una luce dorata, come se la città stessa avesse partecipato a quell’incanto. Abbiamo lasciato il Teatro dell’Opera sentendoci ispirate, rinvigorite e piene di gratitudine per un’esperienza che ha arricchito il nostro spirito e ha inciso nel nostro cuore una nuova storia da raccontare.
Roma, con la sua storicità e la sua anima vibrante, è stata la perfetta complice di questo viaggio emozionale. Sulla strada del ritorno, riflettiamo ancora una volta sulla potenza comunicativa dell’arte e ci rendiamo conto, vista la scarsa presenza giovanile tra i posti in galleria, che forse noi ragazzi, nell’essere la generazione della velocità e continuità delle forme di comunicazione, abbiamo dimenticato di apprezzarne alcune sue espressioni più autentiche.
A cura di Chiara Anna Maria De Donatis e Maria Chiara Gigliotti, studentesse della Residenza Giuseppe Tovini di Roma