Un nuovo anno accademico, una rinnovata possibilità di aprire mente, passione e anima all’urgente imperativo morale che ci richiede, quali studenti fiduciosi oggi, attori consapevoli del sociale domani, di porgere ascolto, di tentare una risposta ai quesiti irrisolti di un presente che cerca la propria luce, speranza di giustizia in un tunnel opaco di indifferenza cieca.
Noi, studenti del Collegio Universitario di Merito Don Mazza, residenza G. Tovini di Roma, abbiamo accolto l’invito della nostra direzione e vissuto le cerimonia inaugurale con spirito riflessivo e, nell’ottica di una parola che torni alla vita, attivo. Un incontro intenso e partecipato che ha visto protagonista l’avvocata Francesca Mesiti Spanò, autrice del saggio Parità di genere incompiuta. Un percorso a ostacoli dal pane alle rose.
La serata si è trasformata in un vero laboratorio di riflessione, in cui una serie di domande hanno toccato i nodi più intricati della disuguaglianza di genere contemporanea. È emersa con forza la questione della cura, quella dei figli, dei familiari fragili, della casa, dell’organizzazione quotidiana, che resta spesso invisibile e non riconosciuta, quale ambito di responsabilità che, pur non legittimamente, grava come limite alle scelte di vita delle donne e ne crea l’incubo del senso di colpa.
Inoltre, le studentesse hanno richiamato episodi diffusi di rallentamenti di carriera, esclusioni da progetti, demansionamenti e pressioni silenziose che inducono le giovani madri a scegliere tra lavoro e famiglia. L’avvocata Mesiti Spanò ha messo in luce come questo sia uno degli aspetti più problematici della parità di genere: la maternità continua a essere trattata come un limite individuale e non come un valore sociale. Nel suo libro, e durante l’incontro, ha ricordato che la genitorialità dovrebbe essere sostenuta, in modo particolare nel contesto di emergenza demografica del secolo, come un bene collettivo e non come un compito privato a carico delle sole donne, e che ciò richiede strumenti legislativi più avanzati, servizi adeguati e un autentico cambiamento culturale.
Un altro spunto attuale ha riguardato l’intelligenza artificiale e i rischi che questa comporta rispetto alla riproduzione di stereotipi e schemi diseguali. La relatrice ha evidenziato la preoccupazione che algoritmi e sistemi digitali, se non costruiti in modo etico e consapevole, possano interiorizzare i bias della società e amplificarli nella creazione di contenuti, nel linguaggio e persino nella rappresentazione delle figure femminili. Così, nell’Aula Magna, simbolicamente adornata da rose e spighe di grano, noto richiamo storico e monito per una costante visione del femminile che ne valorizzi la particolare differenza e l’uguale forza di autodeterminarsi, un percorso di critica sensibile ha motivato pensieri e propositi.
L’ordine sociale è il frutto di un carattere simbolico istituito nel concreto storico, abbiamo la responsabilità valoriale di ogni scelta, del silenzio come della parola, atto emotivo e performativo.
Articolo a cura di Chiara De Donatis, studentessa della Residenza G. Tovini di Roma