
Andare in erasmus per uno studente di CTF non è per niente facile, a partire dal fatto che molti professori ti scoraggiano perché “rimani indietro”, al fatto che questa maledetta facoltà non esiste al di fuori dell’Italia, e quindi ti ritrovi a dover dire alla gente che fai farmacia e solo chi è in corso con me sa quanto faccia male al cuore e all’orgoglio.
Vorrei poter dire che ho scelto la Spagna per la sua cultura, il cibo, il sole e la movida, ma la verità è che l’Università di Granada era l’unica università europea ad offrire dei corsi che io potessi seguire. Poteva capitare qualsiasi città e invece proprio lei… potrei quasi dire che è stata Granada a scegliere me e non il contrario.
Il giorno in cui sono partita ricordo che non sapevo nemmeno bene cosa stavo andando a fare, non avevo nessun tipo di aspettativa e sembrava tutto così senza senso; stavo prendendo un volo di sola andata per la Spagna e poi? E poi fin dai primi momenti mi sono innamorata della città in cui ero, così piena di vita e di colore, di cultura, di arte, di passione. In una delle mie prime passeggiate mi sono quasi commossa per quanta bellezza mi circondasse… per fortuna a volte il destino ci fa delle belle sorprese.
Granada è abbastanza piccola, ma mi piace sapere di avere tutto a portata di mano e non mi annoia rivedere le stesse cose. È una città molto verde e ricca di cultura e di arte, specialmente araba, perché è stata l’ultima città spagnola ad essere conquistata dai Re cattolici. Non ero per niente abituata a questo stile artistico ed architettonico, ma mi ha affascinato fin da subito e ancora oggi, a distanza da qualche mese, rimango stupita nel guardarmi intorno e potrei visitare l’Alhambra altre cento volte e sarebbe sempre come la prima.
Un’altra cosa che amo di questa cittá è che è interamente circondata dalle montagne, tra cui regna la Sierra Nevada, che in questo periodo con le sue vette innevate è più bella che mai. Il mio posto preferito in assoluto è l’Albaizín, il quartiere arabo fatto di casette bianche e vicoli stretti e in salita. Sono un’amante delle viste dall’alto e proprio qui ho potuto trovare innumerevoli “miradores” , ossia i punti panoramici, dove vado a caccia di tramonti o mi rifugio di solito quando sono triste, perché sì, anche in Erasmus capita di sentirsi tristi.
All’inizio è tutto una nuova scoperta e una nuova avventura, ma quando anche questo diventa routine ti rendi conto che le persone che hai attorno le conosci appena e non sono realmente tuoi amici e l’unica persona su cui puoi contare sei tu. È facile in queste situazioni sentirsi soli e questo ti mette di fronte ad una grande sfida che è quella di saper convivere con sé stessi.
Diciamo che l’Erasmus non è solo rose e fiori come sembra, ma un vero e proprio percorso di crescita. Ti permette prima di tutto di andare a vivere in un altro paese, con abitudini differenti dalle tue a cui ti devi adattare, di conoscere persone che vengono da tutto il mondo, di parlare una lingua che non è la tua, di doverti arrangiare in cucina e nelle pulizie (e noi collegiali non siamo per niente abituati) e di scoprire nuovi posti. Magari non sarà sempre facile, ma è estremamente arricchente.
Per quanto riguarda la mia università non è tanto diversa da quella italiana: la sede è un blocco di cemento, ma almeno dentro c’è un divano e una bella vista sulla città. Mi piace dire che si trova in montagna, perché il primo giorno ho avuto la brillante idea di andare a piedi e non mi dimenticherò mai di quanto ho sudato per fare quella salita. I corsi sono organizzati in modo leggermente diverso, poiché per ogni materia c’è una settimana di laboratorio, per cui ero molto gasata all’inizio, ma mi ha fatto ricredere ben presto quando ho scoperto che avrei passato due settimane di seguito davanti a un computer, dato che ovviamente non possiamo fare sperimentazioni sugli animali.
Una cosa che mi piace molto dello spirito spagnolo in università è che se una festività cade di domenica, il ponte si fa lo stesso il venerdì e il lunedì; che il giorno del santo patrono di farmacia (che non sapevo nemmeno esistesse) è festa e che l’allerta meteo in due splendidi giorni di sole ti permette di recuperare tutto lo studio che avevi arretrato.
Dopotutto lo stereotipo che in Spagna si fa sempre festa dovrà pur venire da qualche parte.
Francesca Aprile