Francesca Lagravinese, studentessa della Residenza Regina Gentilin di Verona, ci racconta la sua esperienza Erasmus in Giappone, fra atmosfere sognanti e le responsabilità del lavoro in laboratorio.
Sono già passati cinque mesi e non mi sembra possibile, il tempo è volato via. Ricordo ancora i giorni e la notte prima della partenza, ero assalita dalla paura. È la prima volta che viaggio così lontana e per così a lungo. Non avevo idea di quello che mi aspettava, ero eccitata ma allo stesso tempo spaventata.
Quando sono atterrata a Tokyo, ho avuto l’opportunità di spendere cinque giorni in solitaria da turista, viaggiare da soli è un’esperienza che non avevo mai provato prima. Hai la possibilità di vivere a tuo ritmo. Impostarti le giornate come più preferisci e vedere ed esplorare ciò che più ti interessa.
Scoprire Tokyo è stato entusiasmante. All’inizio può stordire con i suoi ritmi velocissimi, la gente che va e viene freneticamente, i clacson, le macchine-pubblicità con la musica a tutto volume, i giganteschi schermi pubblicitari tridimensionali.
È una metropoli in cui sembra di non poter trovare calma e tranquillità ma in realtà è un perfetto connubio di modernità e tradizione. Come tutto il Giappone del resto. Riescono a coesistere in perfetto equilibrio luoghi di pace e luoghi di caos.
Se ci penso mi viene da sorridere e mi immagino una piccola Francesca girare tra “i quartieri” di Tokyo con lo sguardo rivolto verso l’alto cercando di raggiungere la punta di quei grattacieli, immensi, per la loro altezza irraggiungibili.
Arrivare a Kyoto, e iniziare l’università, è stato uno shock sotto più punti di vista. Per prima cosa il dover ritornare alla vita normale e non più vacanziera, e successivamente il dover adattarsi ad un contesto completamente diverso da Tokyo.
Kyoto ha ritmi e suoni molto più lenti e rilassati. È uno dei più importanti poli storico-culturale del Giappone. Ricco di arte e tradizione che si esprime in templi tutti diversi, giardini verdi brillanti con laghetti con carpe da mille colori, grigie, rosso fuoco, arancioni e gialle.
È una città meravigliosa, in cui l’intervento umano non ha cercato di soppiantare la natura ma la abbraccia e la esalta. Mi capita molto spesso quando vado in università e percorro la strada sul fiume, di incontrare aironi, falchi e cervi.
Non dimenticherò mai un momento magico che ho avuto l’opportunità di vivere. Capita molto spesso che i ragazzi si mettano a suonare in riva al fiume, per fare le prove per qualche concerto o semplicemente per diletto. Un giorno mi è capitato di ascoltare un ragazzo che suonava il flauto traverso e gli animali, cervi e uccelli gli stavano intorno come se fossero attratti dalla musica.
Certo, non è usuale come esperienza, ma credo che a molte altre persone qui a Kyoto, in forme diverse, sia sembrato di essere finite in un sogno.
Un sogno che però spesso, le persone qui a Kyoto riescono a vivere solo e non sempre durante il fine settimana. C’è una grande dedizione al lavoro. È normale qui lavorare fino a tarda notte e le università e i laboratori sono praticamente sempre aperti. Questo se da un lato ti dà più flessibilità dall’altro ti incatena. Non stacchi praticamente mai.
“Otsukaresama deshita” questa è la frase con cui ci si saluta dopo una giornata di lavoro, e vuol dire “grazie per il tuo duro lavoro”, grazie perché anche oggi con il tuo impegno hai contribuito a rendere la società migliore di com’è.
Ma il lavoro e il senso di responsabilità non è di certo il solo aspetto che caratterizza la cultura giapponese.
E’ una cultura attenta al prossimo, alle esigenze altrui, nella maggior parte dei casi le persone si fanno in quattro per aiutarti. C’è un forte senso di appartenenza.
Ma ritornando alla mia esperienza, fin da subito, appena arrivata a Kyoto, mi è stata affiancata una studentessa tutor che mi ha guidato a muovere i primi passi in un’università molto diversa dalla nostra.
Gli studenti che fanno il master qui sono praticamente considerati già lavoratori, scelgono un laboratorio di riferimento e lavorano e studiano lì. Di corsi teorici ce ne sono ma il sistema è molto più improntato sul fare pratica e imparare a strutturare e portare avanti i propri esperimenti.
Quando ho iniziato non ero consapevole del fatto che un giorno sarei arrivata a lavorare completamente in autonomia. Dentro di me speravo di avere sempre un supporto ma invece è stato meglio così, dopo il primo mese, la tutor mi ha lasciato da sola, come il genitore che fa tuffare il bimbo nell’acqua e il bimbo deve trovare il suo modo di stare a galla e imparare a nuotare. È stato un metodo duro ma sbagliando e poi aggiustando il tiro, ho imparato molto più velocemente.
Ho apprezzato veramente tanto anche il fatto, che sebbene fossi una studentessa scambio, quindi presente per soli sei mesi, mi abbiano fatta sentire parte della squadra fin da subito. In tutto e per tutto. Ho avuto carta bianca, la possibilità di avere le chiavi e accedere ai laboratori a ogni ora del giorno e della notte ed utilizzare tutte le strumentazioni, reagenti, composti e macchinari che volevo ma allo stesso tempo questa libertà richiedeva giustamente di dare il proprio contributo nelle procedure di sterilizzazione e pulizia del laboratorio oltre che alla partecipazione attiva alle riunioni del venerdì di aggiornamento sulle nuove ricerche.
Sono veramente grata per avere avuto l’opportunità di fare quest’esperienza, ho imparato tanto sotto più punti di vista professionale, umano e mi ha emozionato viaggiare e vedere così tanta bellezza.
Ho avuto anche la possibilità di conoscere tanti studenti scambio come me ma provenienti da ogni parte del mondo, Europa, Asia e America. È stato incredibile scoprirsi così simili e così vicini sebbene con storie e culture completamente diverse. Una marmellata di nazionalità che con una sola lingua fatta di parole semplici trova il modo di stare bene insieme.
Ogni persona conosciuta è stato un compagno di viaggio che spero che un giorno avrò l’opportunità di rincontrare.
Avventure come queste ti lasciano ricordi indelebili ma sono anche di insegnamento. Ti insegnano che non importa dove sei, anche quando sei a casa puoi vivere così. Puoi decidere di non abbandonarti alla routine e essere con la mente aperta, disposto e felice di accogliere l’altro e condividere te stesso. Puoi mantenere lo stesso spirito giocoso, e curioso di scoprire tanti posti nuovi e belli.