Ciao a tutti! Che dire? Sono da qualche mese ad Eindhoven, nei Paesi Bassi, dove il sig. Philips ha deciso di far nascere la propria società, cosa che ha dato un enorme contributo alla crescita della città.
Sono stato ospitato presso la Technische Universiteit Eindhoven, il campus universitario è di tutto rispetto, un complesso di edifici decisamente accattivanti circondati da un boschetto con tanto di ruscello, il tutto ad un passo dal centro città. Mi sono innamorato subito.
Il centro città è abbastanza concentrato, ma fa sentire subito il suo spirito moderno e giovane, si sono veramente sbizzarriti tra luci colorate ed i monumenti più assurdi.
La prima differenza dal nostro sistema universitario con cui mi sono scontrato sono i trimestri: avere una sessione d’esami così a breve termine per me è stato un po’ destabilizzante, realizzare poco dopo un mese dall’inizio dell’Erasmus che mancava già praticamente un mese al primo esame è stato un duro colpo…
Ho notato che puntano moltissimo sulla produzione scritta, praticamente ogni corso che ho frequentato richiedeva di scrivere una relazione, spesso abbastanza corposa, era dalla tesi triennale che non ho scritto così tanto.
Da quando le lezioni sono state adattate in modalità telematica, si usa una piattaforma dove la webcam la usano i soli professori, a volte capita ci dividano in stanze virtuali separate per fare degli esercizi, ci si trova con 5-6 persone del corso random di cui sai solo il nome perché è scritto (ma non pronunciarlo visto che il nederlandese è “particolare”..) e potendone sentire solo la voce la situazione a volte diventa un po’ imbarazzante.
L’emergenza Coronavirus è stata affrontata, dal mio punto di vista, molto bene dall’Università, ha agito tempestivamente, forse anche troppo: le misure sono passate dalla chiusura di qualche mensa e il centro sportivo alla chiusura praticamente totale del campus nel giro di due giorni, ha lasciato tutti abbastanza sconvolti. Dopo una settimana di sospensione dell’attività accademica, tutte le lezioni sono riprese in maniera telematica. Sono riusciti a gestire a dovere questa nuova modalità di didattica, le lezioni riescono ad essere abbastanza interattive e gli esami non sono stati drasticamente cambiati nelle modalità (anche se in alcuni esami scritti vanno seguite procedure parecchio macchinose). L’unica grande insormontabile differenza sono purtroppo i laboratori che sono stati costretti a saltare, cosa a cui ho puntato molto nello scegliere i corsi da sostenere mesi fa, ovviamente.
Come ho affrontato io la situazione? Devo dire che il periodo più critico ha coinciso perfettamente con le settimane precedenti agli esami, quindi nonostante la mia vita in quei giorni non è stata sostanzialmente influenzata (sarei rimasto perlopiù chiuso in casa a studiare comunque), e l’inconsapevolezza di quello che sarebbe successo alla mia mobilità non è stato d’aiuto. Mi avrebbero fatto tornare a casa? Sarebbe stato meglio tornare a casa dalla famiglia in ogni caso? O forse mi sarebbe convenuto rimanere qui? Alla fine, dopo aver pensato a svariate possibilità ho deciso di restare dov’ero.
Perché sono rimasto? Bella domanda, sicuramente non mi aspettavo la situazione si risolvesse nel giro di qualche settimana. Un po’ perché tornare a mio parere comportava più complicazioni del necessario per poi non guadagnarci molto, qui avrei comunque avuto qualche libertà in più, le “dutch measures” non sono state molto rigide, è sempre stato possibile uscire di casa e visitare altre persone molto tranquillamente, non hanno incentivato l’uso di mascherine ma hanno portato a 1.5 m la distanza di sicurezza. Un po’ perché speravo che almeno nelle ultime settimane di permanenza avrei potuto farmi qualche giretto in altre città visto che finora non era molto indicato.
Una cosa abbastanza triste è stata che gran parte dei ragazzi Erasmus che ho conosciuto nel primo mese per un motivo o per un altro sono tornati a casa, e ovviamente incontrare altre persone durante questi mesi è diventato abbastanza complicato. Per fortuna in appartamento siamo rimasti in due, io e un ragazzo tedesco, fossi stato da solo sarei impazzito nel giro di qualche settimana.
A inizio dell’Erasmus avevo intenzione di imparare un po’ della lingua nederlandese, principalmente per “rispetto” verso il paese dove sono ospitato. Ora che i miei contatti col mondo esterno qui si sono estremamente ridotti (e l’inglese è troppo comodo perché ben conosciuto dalla maggior parte delle persone) ho prontamente rinunciato all’idea visto che al massimo potrei ringraziare la cassiera al supermercato.
Una delle poche cose che mi è rimasta da fare è stata fare giri in bici. I Paesi Bassi, si sa, sono incredibilmente legati alla bicicletta, e si può notare dalla massiva presenza in tutte le città di piste ciclabili. Ma non è tutto qui, appena ci si allontana dai centri abitati si trova un’infrastruttura ciclabile, con una fittissima rete di percorsi che possono portare in qualsiasi direzione, gran parte numerati affinché ci si possa orientare sulle cartine posizionate lungo la strada. Devo dire che esplorare i dintorni in bicicletta mi ha permesso di scoprire molti posti interessanti, non mi aspettavo una tale varietà di paesaggi, si va dalla classica campagna alle zone boschive e perfino dune di sabbia (no, non siamo vicino al mare e sì, anch’io non riuscivo a crederci).
Perdonatemi se questo è stato il racconto di un Erasmus più deprimente che abbiate mai letto, purtroppo i fatti salienti sono stati abbastanza limitati. In condizioni normali sono sicuro l’esperienza avrebbe avuto tutto un altro valore.
Speriamo di vederci presto e in bocca al lupo per la sessione!
Francesco