Ciao a tutti, Jobbers e Mazziani!
Per chi non mi conoscesse, mi chiamo Mattia Casaletto e sono uno studente del corso di laurea magistrale in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Padova.
Nell’ultimo anno ho partecipato a un percorso di double degree dal titolo “Idealismo tedesco e filosofia moderna europea” che mi ha portato da aprile dell’anno scorso ad aprile di quest’anno a proseguire e ad approfondire gli studi a Jena, in Germania. Durante quest’ultimo, ho seguito le lezioni e sostenuto più della metà degli esami della magistrale in lingua tedesca, in un percorso di studi fortemente indirizzato all’approfondimento delle problematiche e dei testi filosofici della filosofia classica tedesca, in particolare dell’idealismo.
«Chi parte sa da che cosa fugge ma non sa che cosa cerca ». Mi piacerebbe iniziare a raccontarvi questa mia esperienza proprio attraverso una celebre citazione di Michel de Montaigne, ripresa poi con fortuna da Troisi nel suo “Ricomincio da tre”. In effetti, prima di partire, il sentimento che prevaleva era proprio quello di tagliare i ponti con un ambiente familiare per rimettersi in discussione davanti a qualcosa di totalmente nuovo. La sentenza di sopra, oltre ad essere un vero e proprio mantra nel periodo precedente alla partenza, è stata confermata dalla realtà dei fatti.
A dire il vero, pensavo di sapere cosa cercassi all’epoca, ma il carattere essenziale di un’esperienza all’estero è proprio nell’esporre continuamente alla novità e alla sorpresa.
Così, mi sono trovato a trascorrere un anno a Jena, una piccola città della Turingia, Land nel centro della Germania. Immersa nel verde e tagliata a metà dal corso della Saale, Jena ha un cuore e un cervello: la sua Friedrich-Schiller-Universität. Sebbene spesso sia ricordata per la battaglia del 1806, che vide uscire vittorioso Napoleone sulle truppe prussiane, la città ha goduto, proprio in quegli anni a cavallo tra i due secoli, di uno dei climi culturalmente più frizzanti dell’epoca in Europa. Infatti, se l’adiacente Weimar viene ricordata per la lunga permanenza in essa di Goethe, Jena fu punto di raccolta per gli auditori delle lezioni di Fichte e Schiller e da essa passarono personalità culturalmente di spicco dell’epoca come Novalis, Hölderlin, Hegel, i fratelli Schlegel e Schelling.
Ho fatto questo preambolo per rendere evidente quanto la città carichi di aspettative uno studente di filosofia e di una laurea a doppio titolo, la cui denominazione è “Idealismo tedesco e filosofia moderna europea”. Ma oltre ad essere meta di pellegrinaggio per studiosi di tutto il mondo, la città gode di un fervore universitario, dato dalla dimensione fortemente internazionale dell’università, che a livello economico e di servizi erogati è esemplare. Il tutto, poi, come se fosse il canovaccio di un’opera teatrale, si svolge all’ombra della Jentower, un grattacielo di 150 metri che domina la città, spuntando per molti in maniera ossimorica dai reticoli di vie nei quali si incastrano le varie abitazioni tradizionali tedesche.
Ecco, nell’ultimo anno mi sono ritrovato a vivere in questo piccolo microcosmo lontano dalle grandi città e a tratti sinonimo di una vita fredda e lenta che, a dirla tutta, non aspettavo con ansia (diciamo così!). Posso effettivamente dire che l’inizio è stato scioccante: l’appartamento in cui abitavo era incastonato, come una piccola celletta, in uno di quei palazzi tipici dell’architettura di stampo sovietico (veri e propri blocchi di cemento da dieci/undici piani che in larghezza doppiavano questa misura), e la lingua sembrava ogni giorno più difficile, anche se le prime avvisaglie di ciò si erano già presentate con forza dopo la prima lezione della double degree sulla Critica della Ragion Pura kantiana. Diciamo che, quindi, non sapevo sicuramente cosa stessi cercando all’inizio e, pur essendo pronto a fare un salto nel vuoto, non mi aspettavo di viverlo come una vera e propria sessione estrema di bungee jumping!
Scherzi a parte, il bello di un’esperienza del genere, però, è che ti espone alle difficoltà ma non lo fa mai lasciandoti da solo. Dopo qualche mese di ambientamento, posso dire che la tranquillità jenese ha rasserenato anche me, grazie soprattutto alle persone che ho trovato in questo percorso. Alla fine, soprattutto davanti a un Paese che ti disorienta e alla filosofia non più tua ma da tradurre, sapere cosa si cerca non può essere un’azione con un termine e un risultato ben preciso, ma diventa un tendere che si alimenta positivamente solamente nel contatto e nell’interazione con i compagni di viaggio.
Solo così ho imparato ad apprezzare una città dove il piatto tipico è il Bratwurst, i corsi universitari erogati in maniera completamente diversa, il freddo e la neve per mesi, i mille tram per tornare a casa ogni giorno e le notti nella periferia jenese di Lobeda. In un mondo che gira al contrario (e parla tedesco!), le affinità intellettuali e affettive che ho trovato mi hanno permesso di ridimensionare quello che pensavo fosse un passo più lungo rispetto a quelli che potevo sostenere, il quale da muro è diventato ostacolo da saltare. Così seguire i seminari e le lezioni, sostenere gli esami e parlare di filosofia in tedesco con un professore tedesco per un’ora sono diventati una piacevole realtà dall’essere solo fantasmi.
In questo modo le giornate e i mesi hanno acquisito senso e sono diventati lo sfondo perfetto di nuovi e intensi studi, di amicizie e di divertimento.
Mi sento di confermare, quindi, quel modo di definire comunemente ciò che conta in un Erasmus: l’esperienza. Probabilmente non darà mai adito alla risoluzione dell’enigma riguardo a ciò che si cerca e potrà non essere soddisfacente accademicamente parlando. Ma respirare nuovi paradigmi culturali e arrivare quasi al limite delle nostre capacità e dei nostri orizzonti di pensiero, ci espone, sì, a contraddizione, ma ci rende consapevoli che ciò che ci tiene in vita e arricchisce il nostro vissuto è questo movimento.
Allora, come augurio a tutti coloro che si appresteranno a vivere un’esperienza del genere, vi rimando proprio a questo movimento: non fermatevi mai, siate sempre desiderosi di “muovervi”, di conoscere il nuovo e con esso arricchirvi e di misurarvi con qualcosa che può sembrare lontano da voi. Insomma, come studente di filosofia, non posso che esortarvi a mettervi in dubbio per quantomeno intuire quante e quanto ricche possano essere le risorse di questa esperienza!