Aereo, treno 1, treno 2, treno 3.
Immaginate di arrivare alla vostra stazione di destinazione. Immaginate poi di cercare indicazioni di orientamento, una mappa della città, segnali che vi indichino dove prendere il bus, cartelli che vi suggeriscono che “sì il centro cittadino è effettivamente a destra”, conferme che il vostro alloggio sia qualche cosa di più di una foto pubblicata su un sito internet.
Immaginate, però, di non trovare nulla di tutto ciò. Dovrete piuttosto accontentarvi del cartello che indica la direzione dell’Aula Magna sulla sinistra, l’Auditoire Montesquieu e Coubertin sulla destra e Segreteria Studenti, sempre dritto. In una stazione!
Questo l’impatto di ogni studente Erasmus con la ridente Louvain-la-Neuve, cittadina studentesca nella regione belga della Vallonia. I suoi 9km quadrati di estensione accolgono tutti i suoi studenti internazionali, Erasmus e non, in un abbraccio che sa di vissuto comune.
La città ha 56 anni ed è stata fondata appositamente perché ospitasse un’università francofona a 40 km dalla fiamminga originaria e antichissima Università Cattolica di Lovanio (KULeuven). In risposta ai loro timori assimilazionisti da un lato, e al loro orgoglio in quanto comunità linguistica economicamente più affermata di quella francofona dall’altro, gli intellettuali neerlandesi nel 1968 si risolvono ad espellere il nucleo francofono dall’Università KULeuven. Quest’ultimo, rifiutandosi di insediarsi in seno ad altre università vallone, decide piuttosto che quei pochi ettari di campagna all’intersezione tra Charleroi, Namur, Bruxelles e Leuven potessero fare al caso proprio.
Louvain-la-Neuve è dunque la città universitaria per eccellenza, con abitudini, ritmi, completamente ricalcati sulla vita studentesca.
Dal lunedì al giovedì la città si sveglia alle 8:30, con l’inizio delle lezioni mattutine. La frenesia non termina poi prima delle 18:30 orario in cui anche gli sfortunati che hanno corso fino a sera si ritirano, solo per prepararsi ad uscire di nuovo. È raro non avere piani per la serata, tra un party universitario, conferenze presso associazioni studentesche, serate ESN. I Kots- à- projet (Kap) sono all’apice dell’attività, tra l’organizzazione di serate a tema, club del libro, tavole di conversazione.
Dal venerdì alla domenica, Louvain la Neuve torna invece ad essere una cittadina di campagna come le altre, la cui quiete è interrotta soltanto da qualche “drache” qua e là (una delle cinque tipologie di pioggia belga).
Per non parlare poi del Blocus (le due o tre settimane precedenti alla sessione d’esami) durante il quale palestre, centri commerciali e la maggior parte dei servizi sono chiusi.
Quello che mi ha sorpreso è la nonchalance degli studenti Belgi. Di fronte ad esami che è a malapena dato passare, dimenticate il perfezionismo italiano del rifiuto del voto. Un 10/20 è un voto per cui battersi e andare fieri.
Per non parlare del tempo. Il sole, quando c’è (raramente) ha priorità assoluta nell’agenda di un belga. Senza indugio, appena accenna a una giornata che in Italia si definirebbe passabile, il tipico belga è pronto ad accantonare tutti gli impegni nel suo Google Calendar, per cogliere l’opportunità di abbrustolirsi un po’ il viso a un sole molto poco sicuro di sé.
E, per ultimo, la forza dell’identità europea. Quello che ho realizzato, ficcando il naso qua e là e intervistando i miei amici del posto, è che un vallone si sente vallone, un fiammingo si sente fiammingo, pochi si identificano con il Belgio. È in parte anche per questo che l’identità europea è tanto interiorizzata. Qualunque corso, a prescindere dall’indirizzo, prevede almeno una visita alle Istituzioni. Quando, in occasione dell’Europa-day, le istituzioni hanno aperto le porte, vedere famiglie, anziani e giovani seduti sulle poltrone dei parlamentari, è stato commovente.
Solo adesso, a qualche settimana dalla fine, mi rendo conto di quanto questa città mi abbia visto crescere. Arrivata qui ero rigida, incastrata nel mio modo di fare le cose, di affrontare le sfide, di superare gli ostacoli. Ero rigida nella mia definizione di successo, che fosse accademico o personale. Louvain la Neuve mi ha smussato gli angoli, mi ha liberato dalla trappola del perfezionismo, insegnandomi ad apprezzare l’importanza di quelle sfide per cui non c’è spazio in un curriculum. Ma che mi fanno guardare indietro ammirata dal privilegio che ho avuto dal passare qui un anno della mia vita e dalla profondità e complessità delle esperienze umane.
Veronica Alessio, studentessa della Residenza Tovini di Roma del Collegio Mazza